Pubblicato sulla G.U. n.119 del 24.5.2018 il testo del Decreto Legislativo 18 maggio 2018, n. 51, con il quale viene data attuazione alla Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali da parte delle Autorità competenti in ambito penale.
La Direttiva, attuata anche in vista del nuovo Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), viene fuori dall’esigenza, avvertita nei settori della cooperazione giudiziaria in ambito penale, di stabilire norme specifiche sulla protezione dati delle persone fisiche da parte delle autorità competenti ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali.
Per questi motivi, il testo legislativo fissa, inter alia, le modalità ed i tempi di trattamento e conservazione dei dati personali, elenca i cd. diritti dell’interessato, illustra il procedimento attuabile per esercitarli, stabilisce quali disposizioni in ambito di sicurezza dei dati e per il loro trasferimento, prevede la nomina di un responsabile per la protezione e commina sanzioni amministrative e penali.
A garanzia di ciò, ai sensi degli artt. 2 e 37 del decreto legislativo, l’autorità pubblica indipendente istituita dall’Italia ed incaricata di sorvegliare l’applicazione della normativa viene identificata nella figura il Garante della protezione dati.
Di particolare rilievo risulta altresì quanto previsto dall’art. 4 del d.lgs., il quale prevede un trattamento dei dati personali differenziato in base alle diverse categorie di interessati, quali: persone sottoposte a indagine; imputati; persone sottoposte a indagine o imputate in procedimento connesso o collegato; persone condannate con sentenza definitiva; persone offese dal reato; parti civili; persone informate sui fatti; testimoni.
In ogni caso, secondo quanto disposto dalla direttiva nel considerando n. 31, tale categorizzazione dovrebbe attuarsi in modo conforme al diritto alla presunzione di innocenza garantito dalla Carta e dalla CEDU, così come interpretato nella giurisprudenza rispettivamente della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo.