Con un provvedimento del 19.12.2014, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha multato il portale online TripAdvisor per aver posto in essere pratiche commerciali giudicate non corrette e ne ha vietato la continuazione.
TripAdvisor è un sito di viaggi che conta 280 milioni di visitatori ogni mese, più di 170 milioni di recensioni e opinioni relative a oltre 4 milioni di alloggi, ristoranti e attrazioni presenti in 44 Paesi.
Secondo l’Autorità, il sito, rivolgendosi ad una vastissima platea di consumatori attraverso il proprio portale di recensioni, è in grado di condizionare in modo evidente e tangibile le scelte di questi. Le recensioni sono soggette a controlli prima e dopo la pubblicazione sul sito, ma il sistema di controllo è stato giudicato inidoneo a realizzare verifiche in merito all’attendibilità dei contenuti (si è osservato, ad esempio, come in Europa le risorse umane destinate all’attività di controllo siano solo 5, e solo uno di questi conosca l’italiano). Se il sito si difende dichiarando che le altre recensioni isolerebbero quelle false e che al proprietario della struttura è comunque garantito un diritto di replica, è indiscutibile come tutte le recensioni pubblicate, comprese quelle false, inventate o rilasciate per scherzo, abbiano una diretta incidenza, sia sul ranking delle strutture, che sul rating complessivo che concorre a determinarne la posizione nel c.d. indice di popolarità. Inoltre, la facoltà di replica attribuita ai rappresentanti e/o titolari delle strutture, rivestendo solo natura informativa, non ha incidenza né sul controllo delle recensioni, né sugli effetti che le recensioni pubblicate producono sul posizionamento delle strutture nell’indice di popolarità. Tutto ciò, da un lato, altera le scelte dei consumatori, dall’altro, penalizza ingiustamente alcune strutture a favore di altre.
In conclusione, secondo l’Autorità, TripAdvisor è a conoscenza del fatto che il funzionamento del proprio sistema di controllo ha limiti intrinsechi e che lo stesso non è in grado di vagliare la genuinità dei contenuti informativi, ciò nonostante, non presenta un quadro informativo chiaro, esaustivo e veritiero in relazione alla promozione dei servizi e, al contrario, ne rimarca la veridicità e l’autenticità dichiarando di rendere un servizio imparziale e di offrire consigli di viaggio affidabili, pubblicati da veri viaggiatori.
La descritta condotta è stata riconosciuta come pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo; pertanto, l’Autorità ha disposto l’applicazione di una sanzione amministrativa, determinata nella misura di Euro 500.000,00, da applicarsi in solido nei confronti di TripAdvisor LLC (società di diritto statunitense che gestisce il sito www.tripadvisor.it) e TripAdvisor Italy s.r.l. e ha invitato le due aziende, entro 90 giorni, a comunicare le iniziative assunte e volte a rimuovere l’ingannevolezza delle informazioni con cui è enfatizzata l’affidabilità delle recensioni degli utenti.
Del tutto inconferente (in ragione del modello di business in concreto svolto e soprattutto dell’attività di classificazione e sistematizzazione delle informazioni) è apparsa l’asserita qualifica di hosting provider che il sito ha sostenuto di rivestire e che, ai sensi del d.lgs. n. 70/2003, ne comporterebbe, in taluni casi, limiti di responsabilità per il contenuto dei dati immessi dagli utenti.
Non è la prima volta che il sito americano è accusato di porre in essere pratiche scorrette: la magistratura francese, ad esempio, nel 2012 ha condannato Expedia, TripAdvisor e Hotels.com a pagare considerevoli risarcimenti ad alcuni alberghi per “recensioni anonime” che avrebbero falsato il mercato delle offerte alberghiere facendo credere agli utenti che alcuni alberghi fossero pieni per poi reindirizzare gli stessi verso altre strutture, in realtà partner commerciali dei suddetti siti.
La questione si lega anche al tema dell’anonimato in internet, a volte furbescamente agevolato proprio da chi, come in questo caso Tripadvisor, si difende prendendo le distanze dai contenuti immessi dagli utenti: le recensioni pubblicate sul sito non sono tracciabili, né gli strumenti automatizzati e gli algoritmi ad oggi utilizzati possono dirsi sufficienti ad evitare distorsioni. Ciò detto, i casi di recensioni diffamatorie sono molteplici, a volte nascenti dagli stessi competitor e la difesa per la parte lesa non è agevole proprio perché, come visto sopra, il diritto di replica conferito ai titolari delle strutture è inadeguato, non determina la rimozione automatica dei post lesivi e non incide sul posizionamento delle strutture nell’indice di popolarità.
Anche per questa ragione, Federalberghi, intervenuta nel procedimento in qualità di segnalante, ha auspicato l’identificazione degli utenti e richiesto che questi provino di aver avuto un’effettiva esperienza turistica presso le strutture per le quali rilasciano una recensione. L’osservazione appare condivisibile ed è volta ad ottenere che l’aggregatore effettui un maggior controllo sui dati immessi dagli utenti, anche per evitare che il predetto diritto all’anonimato (diritto tuttavia sconosciuto al nostro ordinamento) finisca col tradursi in una garanzia di impunità per chi pone in essere comportamenti scorretti e illeciti.
Avv. Ginevra Proia
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