Il Tribunale dell’Unione europea con sentenza del 16 giugno 2019 ha decretato la nullità del marchio Adidas depositato in data 18 dicembre 2013 nella classe 25 (abbigliamento, scarpe, cappelleria) e «costituito da tre strisce parallele equidistanti di uguale larghezza, applicate sul prodotto in qualsiasi direzione», come di seguito rappresentato.
La vicenda ha avuto inizio a seguito dell’opposizione in sede EUIPO presentata dalla Shoe Branding Europe BVBA, per la dichiarazione di nullità del marchio sopra rappresentato, sul rilievo dell’assenza di qualsiasi carattere distintivo, sia intrinseco che acquisito in seguito all’uso.
Adidas contro tale decisione proponeva ricorso, sostenendo che tale marchio, grazie a un utilizzo prolungato ed esteso territorialmente, avesse oramai acquisito carattere distintivo.
Anche il predetto ricorso veniva respinto, con la conseguente conferma della carenza di carattere distintivo in capo al marchio e dell’invalidità dello stesso in quanto registrato in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
Contro tale decisione Adidas proponeva opposizione davanti al Tribunale dell’Unione europea sulla base delle seguenti considerazioni così riassumibili:
- a) la Commissione non avrebbe adeguatamente preso in considerazione gli elementi di prova allegati dalla ricorrente in quanto asseritamente riguardanti segni diversi rispetto al marchio controverso e avrebbe interpretato il segno in maniera erronea;
- c) la Commissione non avrebbe correttamente applicato la «legge delle varianti autorizzate» e,
- b) avrebbe errato nel ritenere che non fosse stato dimostrato che il marchio controverso avesse acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso fattone nel territorio dell’Unione.
Procedendo per punti, relativamente alla questione inerente all’erronea interpretazione del marchio controverso, la Adidas ha ritenuto che poiché lo stesso era stato rivendicato solo in determinate dimensioni e, in particolare, con un determinato rapporto tra l’altezza e la larghezza, la Commissione di ricorso non avrebbe correttamente interpretato il marchio e le varianti a questo direttamente riconducibili.
Secondo la difesa, difatti, il marchio costituito dalle tre strisce avrebbe rappresentato un «motivo di superficie» che, in quanto tale, poteva essere riprodotto in dimensioni e proporzioni differenti in funzione dei prodotti a questo destinati. Più precisamente, sempre stando a tali assunti, le tre strisce parallele equidistanti costituenti il marchio controverso sarebbero state idonee ad essere prolungate o tagliate secondo inclinazioni diverse, tra cui quella obliqua, tanto da poter qualificare il marchio di cui trattasi non come marchio figurativo, ma come marchio a motivi: in ragione di ciò, le proporzioni dello stesso non sarebbero state definite, tanto da consentire una rappresentazione dello stesso di volta in volta diversa.
Ebbene, secondo i giudici, tali assunti non sarebbero supportati da alcun elemento concreto, né dalla rappresentazione grafica, né dalla descrizione del marchio riportata in sede di deposito.
Difatti, analizzando la rappresentazione del marchio, il Tribunale ha ritenuto che quest’ultimo è caratterizzato da un rapporto di circa 5 a 1 tra l’altezza e la larghezza totale, nonché dalla sua forma rettangolare, mentre le tre strisce che lo compongono sono tagliate ad angolo retto, ma tale affermazione non è corroborata dalla descrizione del marchio controverso che si limita a menzionare esclusivamente le “tre strisce parallele di larghezza equidistante” e a precisare che tali strisce possono essere “applicate sul prodotto in qualsiasi direzione”, senza esplicitare che la lunghezza delle strisce potrebbe essere modificata o che le strisce potrebbero essere tagliate in obliquo.
Il secondo quesito sul quale ha preso posizione il Tribunale ha avuto ad oggetto l’asserita scorretta applicazione della «legge delle varianti autorizzate» secondo la quale l’uso di un marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di detto marchio nella forma in cui esso è stato registrato, deve essere considerato quale uso di detto marchio.
Adidas nella sua difesa ha ritenuto, infatti, che tutti i documenti che essa ha prodotto avrebbero dimostrato le molteplici forme di uso del marchio in contestazione sulla base delle quali il carattere distintivo non risulterebbe alterato. Pertanto, i predetti usi avrebbero dovuto assumere rilevanza ai fini della valutazione relativa a se il marchio controverso abbia acquisito o meno un carattere distintivo. In ragione di ciò, la Commissione di ricorso non avrebbe tenuto in debita considerazione i postulati secondo cui:
- a) in presenza di un marchio estremamente semplice, anche una lieve differenza potrebbe condurre a una significativa alterazione delle caratteristiche del marchio originariamente registrato;
- b) l’uso del marchio controverso con la forma di uno schema di colori invertito potrebbe alterare il carattere distintivo di tale marchio;
- c) l’uso del predetto marchio con due strisce, anziché tre, e l’uso di strisce inclinate, avrebbe modificato il carattere distintivo di tale marchio.
Anche le sopra citate argomentazioni della ricorrente sono state interamente rigettate in quanto, secondo il Tribunale, a fronte dell’estrema semplicità del marchio controverso, modifiche di numero, di inversione dei colori e di inclinazione delle strisce, non avrebbero fatto altro che comportare variazioni non trascurabili rispetto alla forma registrata del predetto marchio.
La suddetta censura è stata, peraltro, direttamente ricondotta alla valenza e al perimetro attribuibili all’uso, più precisamente, all’uso effettivo del marchio raffigurante le tre strisce. Difatti Adidas ha insistito affinché la nozione di uso del marchio includesse l’utilizzo dello stesso in forme differenti rispetto a quella in cui lo stesso marchio era stato registrato, argomentazione resa in sede di opposizione davanti all’EUIPO e di reclamo davanti al Tribunale, ma comunque rigettata. Difatti, secondo i giudici sarebbe stato ammissibile l’uso di un segno diverso rispetto a quello oggetto di registrazione solo nel caso in cui tale segno presentasse elementi di trascurabile divergenza tali da rendere i due segni (quello registrato e quello utilizzato con variazioni) complessivamente equivalenti.
Peraltro, secondo il Tribunale, dalla documentazione prodotta non risulterebbe nemmeno la presenza di un numero significativo di segni simili ma complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso: Adidas, infatti, non sarebbe riuscita a indicare quali tra le immagini prodotte nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, avrebbero consentito di dimostrare l’uso del marchio richiesto nella sua forma registrata o in forme complessivamente equivalenti (sebbene diverse). Per questo motivo, pertanto, non sarebbe stato dimostrato che il marchio controverso, a seguito dell’uso, avrebbe acquisito carattere distintivo in tutta l’Unione europea.
Il Tribunale nelle sue argomentazioni ha difatti evidenziato la circostanza che un segno, per essere ammesso alla registrazione, deve avere carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, nell’intero territorio dell’Unione. Ne consegue che un marchio privo di carattere distintivo intrinseco all’interno degli Stati membri potrà essere registrato in forza di tale disposizione soltanto se sia dimostrato che esso abbia acquisito, a seguito dell’uso, un carattere distintivo in tutto il territorio dell’Unione.
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto pacifico che il marchio Adidas con le tre strisce fosse privo di distintività intrinseca in tutta l’Unione, anche sulla base dell’esame della documentazione prodotta dalla titolare del marchio quali gli studi di mercato i quali, sebbene valutati complessivamente, da un lato, non avrebbero consentito di dimostrare un uso del marchio controverso in tutto il territorio dell’Unione e, dall’altro, non sarebbero stati sufficienti, in ogni caso, a dimostrare che, a seguito di tale uso, il marchio controverso è divenuto idoneo, nel predetto ambito territoriale, a identificare i prodotti per i quali è stato registrato e, quindi, a distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese.
Ricapitolando, con la sentenza in commento, il Tribunale ha confermato la decisione assunta in sede EUIPO, e ha dichiarato l’invalidità del “CTM di Three-Streepes”, marchio a tre strisce di Adidas, concludendo che il predetto marchio non è di modello, ma un marchio figurativo ordinario e che conseguentemente a tale qualificazione, qualsiasi forma di utilizzo diversa -compresa la combinazione di colori divergente rispetto a quella oggetto di domanda di registrazione- che diverga dalle caratteristiche essenziali del marchio, non sarebbe potuta essere presa in considerazione, anche in quanto la società ricorrente non è riuscita a provare il carattere distintivo delle tre strisce parallele nel territorio dell’Unione europea.