All’incontro, promosso dall’ Osservatorio Web e Legalità, grandi imprese e giuristi hanno fatto il punto sui rischi connessi all’utilizzo scorretto della rete come veicolo di informazione, promozione e discussione.
Lo sviluppo delle attività on line, siano esse informative, economiche o di discussione, costituiscono un motore essenziale della crescita tanto economica quanto culturale del Paese. Ma affinché questo avvenga, occorre siano adeguatamente tutelate le diverse istanze che convivono nell’agora virtuale, in primis i diritti della persona ma anche quelli dell’impresa e dei suoi prodotti. Per fare ciò occorre agire sia sul piano formativo, aiutando gli utenti a riscoprire il valore della legalità e la necessità di salvaguardare i diritti sulle opere e contenuti che in essa sono disponibili, sia valorizzando gli strumenti di tutela che già oggi il nostro ordinamento giuridico prevede.
E’ questo l’auspicio lanciato nel corso del convegno “Web e Legalità 2. La reputazione aziendale”, promosso dall’Osservatorio Web e Legalità e tenutosi avanti ad un numeroso pubblico di imprese, autorità e giuristi presso l’Aula Magna dell’Università LUISS.
E’ evidente come le forme più complesse di informazione e promozione attraverso la rete nonché gli illeciti che si possono perpetrare, attraverso testate giornalistiche e siti concorrenti, motori di ricerca ed aggregatori di contenuti, social network, blog e forum di discussione e portali delle recensioni degli utenti, costituiscono al tempo stesso una grande opportunità di comunicazione e visibilità per molti soggetti ma celano, se utilizzati in modo disinvolto e scorretto, grandi rischi per l’immagine e la notorietà delle imprese, faticosamente costruite con anni di lavoro e investimenti.
Una conferma di questo è data dai risultati dalla recente indagine Tomorrow’s investment rules, condotta da Ernest&Young, secondo la quale gli investitori riconoscono un valore intrinseco significativo ad elementi non tangibili o non iscritti in bilancio: l’80% del valore delle imprese è dato dai c.d. intangible assets. Questo dato conferma l’importanza di identificare strumenti che permettano di esprimere in modo economico il valore che l’impresa costruisce con i comportamenti e con gli interventi che pone in essere quotidianamente, e parimenti denotano l’urgenza di identificare strumenti e strategie per la tutela di tale patrimonio, messo a rischio anche attraverso l’utilizzo della rete.
Per Oscar di Montigny – Direttore Marketing Comunicazione e Innovazione, Banca Mediolanum“La sfida per le persone e per le aziende diventerà soprattutto ‘culturale’: vinceranno quelle che sapranno anticipare i nuovi mega-trend tecnologici, sociali e di mercato, e sapranno ripensarsi come un eco-sistema fondato sulla condivisione di un Sistema di Valori. Dal 2011, Banca Mediolanum presidia il mondo social attraverso le sue properties mediante un ascolto “attivo” fatto di oltre 120.000 contenuti su web che parlano del Brand, del Management, dei prodotti e della Rete di Vendita della Banca moderando 24.000 contenuti sulle properties del brand ed intervenendo attivamente su quasi 5.000 casi”.
Paolo Calvani, Direttore Comunicazione e Immagine del Gruppo Mediaset, ha potuto osservare che “Le aziende costruivano la propria reputazione secondo una propria agenda e dovevano tenere conto solo degli intermediari ufficiali (giornali). Oggi questo è più difficile: il web irrompe dando voce a tutti, circolano anche cose non verificate o palesemente false che spesso, in quanto sensazionali, risultano ai vertici nelle indicizzazioni dei motori di ricerca. Il punto sono le rettifiche: senza l’appoggio di legali specializzati il comunicatore sul web può poco. Il rapporto con i nuovi media diventa sempre più affare da avvocati capaci. Nella comunicazione aziendale sono saltate le vecchie regole del gioco: ma il gioco va avanti ugualmente”.
Per Vittorio Cino, Direttore comunicazione di The Coca-Cola Company Italia, “Se da un lato la Rete abbatte le distanze e apre un canale di contatto diretto e immediato con il pubblico, i rischi reputazionali hanno, per un’azienda come Coca-Cola, un impatto amplificato dalla sua dimensione e dalla riconoscibilità dei suoi marchi. L’attività di influencer engagement permette infatti all’azienda di contattare e allacciare un rapporto con persone influenti nelle Rete; la continuità delle campagne consente di coltivare un rapporto duraturo con tweet star, youtuber e altri on line influencer, in grado di dar vita a un vero e proprio sistema di contatti. In caso di criticità, questa rete si trasforma in una vera e propria risorsa, in grado di diffondere e amplificare i messaggi positivi dell’azienda”.
Secondo Massimo Mantovani, Chief Legal and Regulatory Affaris ENI Group “E’ necessario un forte impegno nel contrastare utilizzi impropri del marchio o attività fraudolente online come il phishing, non solo per tutelare la Brand Reputation dell’azienda ma, soprattutto, per difendere la fiducia degli stakeholders nell’azienda stessa. Fiducia che rappresenta un asset reputazionale fondamentale”.
Ugo di Stefano, Direttore Affari legali e Societari del Gruppo Mondadori, ha sottolineato come “La reputazione aziendale sul web vada affrontata, da un lato, tutelando ovviamente le esigenze legali di una società, attraverso ad esempio interventi di monitoraggio che siano tempestivi, globali e coerenti; dall’altro, nel rispetto dell’identità aziendale che, nel caso di un gruppo editoriale come il nostro, significa rispetto del pluralismo culturale dei singoli brand”.
Nella seconda sessione dei lavori, dedicata al quadro normativo, al ruolo delle autorità di controllo e agli strumenti giuridici disponibili per la tutela della web reputation, Antonio Punzi – Professore ordinario di Metodologia della Scienza Giuridica (S.S.D. IUS 20 – Filosofia del diritto) presso la Facoltà di Giurisprudenza della LUISS – “Guido Carli” di Roma, ha ricordato come “Il tema della reputazione aziendale online rileva nell’area delle testate giornalistiche telematiche sotto diversi profili. Uno di essi merita particolare attenzione: la non assoggettabilità del giornalismo online alla disciplina sulla stampa. Il ddl in materia di diffamazione – che sotto alcuni profili prevede l’estensione della L. n. 47/1948 alle testate giornalistiche e radiotelevisive online – è fermo da anni in Parlamento. Tale lacuna sottrae al danneggiato la possibilità di utilizzare strumenti intesi ad annullare o diminuire il danno da lesione reputazionale. Si pensi alla richiesta di rettifica, la cui pubblicazione attualmente non è obbligatoria per le testate online. Le lesioni derivanti dal giornalismo online, poi, hanno caratteristiche specifiche, sia per la velocità ed il costante aggiornamento delle notizie immesse sia per la crescente diffusione del giornalismo d’inchiesta, che non muove da fatti di cronaca, ma svolge un’indagine su fatti di interesse pubblico mediante documentazione acquisita in via autonoma e diretta”.
“I contenuti presenti sul web si caratterizzano per facilità di accesso e diffusione oltre che per il tempo di permanenza nella disponibilità al pubblico. Al riguardo, determinante appare il tema del ruolo svolto dagli intermediari che creano e gestiscono le infrastrutture digitali sulle quali sono ospitati, organizzati ed indicizzati, i dati rilevanti: tali operatori diffondono le “informazioni” relative alle aziende, talvolta, solo apparentemente, caricate dagli utenti, costruendo al contempo business milionari” ha ricordato Stefano Previti, Studio Previti Associazione Professionale. “Allo stato, il profilo più problematico resta quello di individuare i soggetti responsabili di eventuali condotte illecite: i danni maggiori sono spesso arrecati attraverso i servizi resi dai detti intermediari e sfruttando l’anonimato garantito dalla rete Internet”, ha aggiunto.
Secondo Fabio Lepri, avvocato in Roma, “L’importanza ormai preponderante che, negli ultimi anni, hanno acquisito i portali fondati sulle recensioni degli utenti ed il loro uso da parte degli operatori del web pone una serie di questioni. La prima delle quali è rappresentata dall’affidabilità o, se si vuole, dalla verificabilità dei giudizi inseriti dai vari utenti. Tema che è strettamente correlato all’esigenza di tutelare, da una parte, il pubblico interessato all’utilizzo delle recensioni e, dall’altra, le aziende titolari delle attività “valutate”: rispetto a possibili danni connessi a recensioni false, oppure strumentali”.
Per Carlo Gallavotti, avvocato dello studio Gallavotti Bernardini & Partners, “La tutela della reputazione aziendale sui social network e sui blog deve considerare due fattispecie diverse. Da un lato, il rischio di un “furto di identità”, che può avvenire quando un utente non autorizzato crei un profilo dell’azienda o comunque svolga un’attività che induca in errore circa la riconducibilità della presenza online all’azienda rappresentata; dall’altro, la possibilità che l’azienda, o alcuni dei suoi esponenti, diventino bersaglio di critiche ingiustificate o attacchi che travalichino il limite del consentito. In entrambi i casi, la soluzione sarà tanto più efficiente e rapida quanto maggiormente attente saranno le regole implementate dal gestore del sito attraverso cui è posta in essere la condotta pregiudizievole. Si ricordi, infatti, che i social network, i blog e – almeno in alcuni casi – i forum di discussione sono luoghi virtuali regolamentati. Tuttavia, è possibile che in alcuni casi il gestore non cooperi quando richiesto o non sia in grado di intervenire tempestivamente. Nelle more di un chiaro intervento del legislatore, l’orientamento della giurisprudenza sembra orientarsi verso il riconoscimento di una responsabilità dei siti internet, che devono operare per un contemperamento degli interessi contrapposti”.