La sentenza n.16340 del 20 aprile 2015, emessa dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di pedopornografia è considerata punibile anche la sola condotta di condivisione di foto erotiche sulla bacheca di Facebook.
La decisione opera un dovuto riconoscimento della potenza divulgativa del social network stabilendo come la natura talmente notoria dello stesso fa sì che la sua “utilizzazione rappresentata dal versarvi materiale pornografico integra, quanto meno come dolo eventuale, proprio una consapevole volontà di divulgazione”.
La Suprema Corte, riprendendo l’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia che esigerebbe l’esistenza di un concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico ad una pluralità di soggetti in un contesto organizzativo “almeno embrionale”, arriva ad identificare il quid pluris necessario ad integrare il reato, nell’aver l’imputato inviato le foto pornografiche di un minore su una bacheca di un profilo Facebook con “il pericolo di una concreta, non controllabile, ulteriore diffusione” del materiale.
La suindicata sentenza segna quindi un passaggio importante nella giurisprudenza dei reati legati ai nuovi mezzi di comunicazione e diffusione digitale, riconoscendo come il mercato della pedofilia possa attuarsi anche attraverso dei social networks come quello utilizzato dall’imputato.