La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici newyorkesi, che avevano dichiarato Apple colpevole per aver posto in essere pratiche “sleali” sul mercato degli e-book.
Nel caso di specie Apple, fin dal 2010, con l’uscita dell’iPad (che l’avrebbe portata ad affacciarsi sul mercato dei libri digitali) aveva stretto un accordo con cinque case editrici (Harper Collins, Hachette, Macmillan, Pearson e Penguin) al fine di assicurarsi una posizione di primato in quel particolare segmento, dominato da Amazon.
Grazie alla nascita di un cartello e-book volto a contrastare il modello di distribuzione praticato dal più grande marketplace on-line al mondo, il prezzo dei libri sarebbe passato da una media di 10 dollari fino a quasi 15 dollari, lievitando del 30%, stessa percentuale che Apple avrebbe poi pagato alle case editrici per ogni libro venduto.
Nel 2012 l’azienda di Cupertino viene citata in giudizio attraverso una class-action volta ad accertare la pratica anti-concorrenziale; da lì a poco il Dipartimento di Giustizia statunitense formalizzava le accuse.
Gli editori coinvolti, sin dal principio, hanno scelto di patteggiare per 166 milioni di dollari, mentre Apple ha presentato ricorso fondato sul presupposto che l’iBookstore avesse favorito la competizione ed interrotto il controllo monopolistico di Amazon nell’industria editorial. La Suprema Corte, di diverso avviso, l’ha condannata a pagare 450 milioni di dollari a titolo di risarcimento nei confronti di clienti e consumatori lesi.

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