L’offerta di filmati, anche di breve durata, all’interno di un sito internet può rientrare nell’ambito applicativo della legge sui servizi di media audiovisivi: questa l’opinione espressa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza pubblicata il 21 ottobre scorso.

Si tratta di una decisione che farà discutere anche alla luce dei risvolti che la stessa potrebbe avere nell’attività dei quotidiani on-line che -sempre più spesso- accompagnano l’offerta di contenuti testuali con quella di contenuti audiovisivi (solo per citarne alcune, si pensi alle sezioni “Gazzetta TV”, “Repubblica TV” e “Corriere TV” dei siti internet, rispettivamente, della “Gazzetta dello Sport”, de’ “La Repubblica” e del “Corriere della Sera”).

La sentenza è stata resa nell’ambito di un procedimento che ha visto coinvolta New Media Online GmbH, società di diritto austriaco, che gestisce il sito internet del quotidiano on-line Tiroler Tageszeitung online”.

Il sito contiene principalmente articoli di stampa scritta ma, allo stesso tempo, all’epoca dei fatti metteva a disposizione degli utenti una sezione audiovisiva in cui -attraverso un “catalogo di ricerca”- era possibile accedere ad oltre 300 filmati di durata variabile (da 30 secondi a diversi minuti).

Con provvedimento del 9 ottobre 2012 l’autorità austriaca delle comunicazioni aveva ritenuto che nell’effettuare tale seconda attività, la messa a disposizione dei video, New Media Online GmbH poteva di fatto essere configurato come fornitore di un servizio audiovisivo soggetto ai vari oneri e adempimenti previsti dalla normativa di settore.

New Media Online GmbH aveva contestato tale tesi, sostenendo invece che i contenuti audiovisivi accessibili nella sezione video costituissero una mera integrazione del sito internet principale e che, anche in ragione della breve durata degli stessi, non potessero essere comparati “nella loro forma e nel loro contenuto, all’offerta della radiodiffusione televisiva”.

Con provvedimento del 18 luglio 2014 la Corte amministrativa austriaca aveva deciso di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la vicenda, per verificare se secondo il diritto comunitario “filmati di breve durata consistenti in brevi sequenze estratte da notizie” potessero esser ricompresi nella definizione di “programma” come delineata dall’art. 1 della Direttiva 2010/13/UE e se, inoltre, la qualificazione di un “servizio come servizio di media audiovisivo” dipendesse “dall’insieme dei servizi offerti dal fornitore” o si dovesse piuttosto “procedere a una valutazione separata di ciascun servizio”.

Nel rispondere alla prima questione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha evidenziato che la Direttiva 2010/13/UE ha stabilito che per rientrare nella nozione di “programma” un prodotto audiovisivo deve essere costituito da una “serie di immagini animate” non essendo invece previsti “requisiti relativi alla durata della serie di immagini in questione”.

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, inoltre, la circostanza che un utente possa accedere “al filmato che lo interessa al momento scelto e su sua richiesta sulla base di un catalogo predisposto” dal gestore del sito non è di per se idonea a differenziare l’attività svolta dal gestore del sito web rispetto a quella dei tradizionali fornitori di servizi audiovisivi, considerato che “i filmati di cui trattasi” si rivolgono, in ogni caso, “ad un pubblico di massa”.

Muovendo da tali premesse la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha quindi ritenuto che “la nozione di «programma» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 2010/13 deve essere interpretata nel senso che comprende la messa a disposizione, in un sottodominio del sito Internet di un quotidiano, di filmati di breve durata consistenti in brevi sequenze estratte da notizie locali sportive o di intrattenimento”.

Nel rispondere alla seconda questione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha invece osservato che “una delle finalità principali della direttiva 2010/13 consiste […] nel raggiungere condizioni di concorrenza omogenee nel mercato dei servizi di media audiovisivi” e che, pertanto, “un approccio che escludesse dall’ambito di applicazione di detta direttiva, in via generale, i servizi gestiti dagli editori dei quotidiani online per il loro carattere multimediale, senza effettuare una valutazione caso per caso dell’«obiettivo principale» del servizio in questione […] comporterebbe il rischio che operatori che offrono effettivamente servizi di media audiovisivi […] possano ricorrere ad un portale d’informazione multimediale per sottrarsi alla normativa loro applicabile in tale ambito”.

Secondo i giudici comunitari, inoltre, un approccio “che consista nel prendere in considerazione, nel loro insieme, i servizi offerti” da un determinato operatore (nel caso di specie un quotidiano on-line) non consentirebbe “di valutare correttamente le situazioni specifiche, come quelle in cui un’impresa opera in più campi di attività, amplia il proprio campo di attività o si fonde con un’altra impresa”.

Muovendo da tali premesse, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha quindi ritenuto di dover “privilegiare un approccio sostanziale” andando ad indagare se il servizio offerto da un determinato sito internet abbia “come obiettivo principale di fornire un programma al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico”.

Nel caso di specie, quindi, secondo i giudici “ai fini della valutazione […] di un servizio di messa a disposizione di filmati offerto nell’ambito della versione elettronica di un quotidiano, occorre esaminare se detto servizio abbia in quanto tale un contenuto ed una funzione autonomi rispetto all’attività giornalistica del gestore del sito Internet […] e non costituisca solo un complemento inscindibile di tale attività”: qualora il servizio avesse un contenuto ed una funzione autonomi, lo stesso rientrerebbe nel campo di applicazione della Direttiva 2010/13/UE concernente la fornitura di servizi media audiovisivi.

Alla luce dei chiarimenti della di Giustizia dell’Unione Europea appare quindi insostenibile la tesi di chi pretende –per il solo fatto di operare come testata giornalistica digitale- di andare esente da ogni possibile contestazione di illecita concorrenza a danno dei tradizionali operatori dei servizi di media audiovisivi (primi fra tutti, gli operatori televisivi).

La decisione -che si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale che va ormai consolidandosi anche nelle corti nazionali (solo lo scorso marzo anche il Tribunal de grande instance de Paris aveva qualificato il portale digitale “Rojadirecta” come “editore” di un servizio di media audiovisivo)– assume una grande importanza anche nella tutela del diritto d’autore considerato che con l’art.6 del D. Lgs 44/2010 è stato ribadito che “i fornitori di servizi di media audiovisivi […] indipendentemente dalla piattaforma utilizzata per la trasmissione di contenuti audiovisivi” devono operare “nel rispetto dei diritti d’autore e dei diritti connessi”.

Avv. Daniele Roncarà

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