Lo scorso 19 aprile il Parlamento Europeo ha approvato il testo definitivo della V direttiva Anti Money Laundering.

L’aspetto più rilevante della nuova disciplina riguarda le disposizioni in merito alle operazioni in criptovalute.

Il forte sviluppo del mercato delle monete virtuali, avvenuto nel corso degli ultimi anni, ha, infatti, evidenziato che i numerosi problemi di trasparenza legati al funzionamento delle monete virtuali, ne ha limitato la diffusione nei paesi occidentali (ed, in particolare in Europa). Per tale ragione, l’intervento del legislatore europeo, investito del compito di fare chiarezza e dirimere i problemi di sicurezza che circondano il mondo delle monete virtuali, era da più parti, atteso.

Tuttavia, la finalità del legislatore europeo, era, piuttosto, quella di arginare la circostanza che dietro l’utilizzo delle criptovalute si potessero annidare operazioni legate al riciclaggio di denaro. Infatti, si legge all’interno del considerando n. 9 “l’anonimato delle valute virtuali ne consente il potenziale uso improprio per scopi criminali” e, pertanto, si rendeva necessario un intervento finalizzato ad estendere la disciplina dell’antiriciclaggio anche alle valute virtuali.

Infatti, la V direttiva, rispetto alla sua antesignana, prevede che tra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio, vi siano, tra gli altri, anche i prestatori di servizi di portafoglio digitale, ovvero quei soggetti che “forniscono servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”. Si tratta, in sostanza, di soggetti che forniscono depositi informatizzati (cd. “wallet”), attraverso cui detenere monete virtuali e compiere operazioni.

Saranno destinatari degli obblighi antiriciclaggio anche quei soggetti che forniscono, attraverso piattaforme on line, servizi di scambio di moneta avente corso legale con moneta virtuale cd. “exchange”).

Inoltre, nella V direttiva, viene introdotto l’obbligo per le Autorità nazionali di predisporre strumenti idonei a registrare coloro che operano in criptovalute (“Gli Stati membri assicurano che i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali, e i prestatori di servizi di portafoglio digitale siano registrati”), al fine di esercitare un controllo più penetrante sulle movimentazioni di questi asset.

Pertanto, a seguito della – ormai prossima – emanazione della V direttiva europea, gli stati membri saranno tenuti ad attuare provvedimenti che impongano agli operatori di settore di rispettare la disciplina AML.

A tal proposito, merita segnalare che il legislatore italiano con il D. Lgs. 90 del 25 maggio 2017, con il quale aveva recepito la IV direttiva, aveva anticipando il legislatore europeo, includendo tra i soggetti obbligati proprio “i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale”.

Riteniamo che le predette misure, sebbene finalizzate esclusivamente a monitorare e circoscrivere eventuali fenomeni di riciclaggio di denaro e successivo utilizzo per finanziare fenomeni terroristici, siano un importante segnale che le criptovalute, non potranno più essere estranee dal circuito regolamentare.

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