L’autorità per il commercio degli Stati Uniti (Office of the United States Trade Representative) ha recentemente pubblicato un report molto interessante sulle c.d. best practices utilizzate dai maggiori service providers online al fine di limitare/prevenire il più possibile le violazioni di diritti di proprietà intellettuale attraverso piattaforme digitali e marketplace offline (“The Notorious Markets List”). I dati acquisiti evidenziano come, rispetto al 2016, diversi providers abbiano implementato specifiche misure deterrenti sortendo ottimi risultati nella lotta alla pirateria online. Tra queste, si annoverano: l’adozione di business model che prevedono la negoziazione di contratti di licenza con i titolari dei diritti, l’accelerazione dei tempi di risposta ai reclami dei titolari dei diritti e l’implementazione di tecnologie digitali per individuare e prevenire la diffusione di materiali illeciti sulle piattaforme online. La pubblicazione del report vuole servire da monito per tutta l’industria di settore, ma anche quale parametro per delimitare i confini tra quei providers che svolgono effettivamente la propria attività in buona fede e quelli che invece tendono principalmente a lucrare –direttamente e/o indirettamente- sui contenuti/prodotti illeciti diffusi tramite le loro piattaforme. Difatti, è sempre più difficile distinguere le due categorie di operatori e questo non fa altro che contribuire all’incremento di soggetti il cui primario (talvolta unico) obiettivo è, appunto, lo sfruttamento monetario di materiali illeciti attraverso pubblicità correlate, abbonamenti premium alla piattaforma stessa, data breach e malware. Sul punto, “The List” evidenzia come i providerdi piattaforme dedite alla violazione degli IPRs abbiano enormi proventi diretti da tali attività, circa $ 840 milioni all’anno, che si traducono in una corrispondente perdita per l’industria dell’entertainement in circa $ 4-5 bilioni. Da ultimo, è da porre in evidenza come la lista di operatori fornita da “The List” dia atto della massiccia presenza di fornitori di servizi di cyberlocking e marketplace quali principali protagonisti delle violazioni degli IPRs.
In conclusione, è auspicabile che anche le competenti Autorità europee predispongano quanto prima un “lista” europea dei mercati “notoriamente” dediti alla pirateria ed alla contraffazione (online e offline) e che i legislatori europei facciano un’attenta riflessione sull’opportunità di non escludere incondizionatamente i cyberlockers ed i marketplace dai providers destinatari della Proposta di modifica della Direttiva Copyright nel mercato unico digitale.